Descrizione del libro
Gli sport estremi sono attività prevalentemente competitive in cui il performer misura le proprie abilità psicofisiche in compiti che richiedono dosi elevate di padronanza, precisione e tempismo nei movimenti, e in cui l’insuccesso ha un’elevata probabilità di provocare lesioni anche gravi o persino la morte.
Il cellulare è al centro della prestazione estrema, servendo per filmarla e consentendo a chiunque di vederla, rivederla e diffonderla in Internet.
Si tratta di un fenomeno globale importante e in aumento, con un notevole impatto sociale ed economico. Diversamente dagli eroi e dai martiri della storia passata, i performer estremi si giocano tutto per la propria gloria. Al centro ci sono loro, non altre persone né alti valori. Perché tante persone cercano volontariamente situazioni di così grave pericolo? Sono consapevoli dei rischi che corrono? Amano la loro vita? Sono contente di sé?
In questo libro vengono esplorate in modo chiaro e sintetico le motivazioni comuni e quelle più “disperate”. Vengono forniti inoltre alcuni strumenti di riflessione e conoscenza di sé a chi pratica o intende praticare sport estremi. Un'attenzione particolare è dedicata al mondo dei climber.
Come possiamo spiegare il fatto che una persona sia disposta a rischiare gravissimi infortuni o la vita per realizzare un’impresa sportiva estrema? Che fine ha fatto il suo istinto di autoconservazione? Persegue forse una meta più importante della sopravvivenza stessa? E qual è?
Tra i nostri pazienti abbiamo persone che praticano sport estremi e loro parenti, spesso preoccupati, e ne avremo sempre di più dato che il fenomeno è in rapida crescita. Per capire che cosa stia succedendo e come interpretare psicologicamente il bisogno pressante di superare i propri limiti a costo della vita, Gabriele Lo Iacono ha condotto una ricerca psicologica approfondita e ha scritto il primo libro pubblicato in Italia sull’argomento, una guida indispensabile per ogni psicologo.
Destinatari del libro
Si tratta di un libro illustrato per tutti, scritto in modo piano e accattivante e al contempo rigoroso. Contiene vari approfondimenti, in parte sotto forma di box tematici.
I principali destinatari sono:
- Climber e praticanti di sport estremi, interessati a migliorare la propria motivazione
- Parenti e amici di performer estremi, alla ricerca di spunti di comprensione e di dialogo
- Giornalisti, osservatori, imprenditori nel mondo degli sport estremi e del turismo di avventura
- Psicologi, operatori di soccorso e sanitari
- Ricercatori che necessitino di una vasta panoramica iniziale sul tema con ricca bibliografia per avviare approfondimenti di studio
Indice del libro
Prefazione di Pasquale Bellotti
Prefazione di Milena Stoycheva
Premessa
Introduzione
Box 1. La documentazione dell’impresa alpinistica
CAPITOLO PRIMO - Gli sport e le prestazioni estreme
CAPITOLO SECONDO - Le motivazioni in gioco
2.1 Una cornice teorica generale
2.1.1 La teoria sociocognitiva di Albert Bandura
2.1.2 L’effetto psicologico del progresso verso una meta importante
2.1.3 Autoefficacia e autostima
Box 2. “Se ho superato questo, posso superare qualsiasi cosa”
2.1.4 Autoefficacia e sport rischiosi
2.2 Che cosa alimenta la passione
2.2.1 La ricerca di un miglioramento personale
Box 3. Il flusso e l’arrampicata
2.2.2 L’adrenalina e il potere dello scampato pericolo
2.2.3 Visibilità e notorietà
Box 4. L’esperienza del rush
2.2.4 Il modellamento e l’emulazione
2.3 “Non ho paura di niente”. Le conseguenze dell’errore e l’imponderabile
2.4 Controllo reale e controllo illusorio
CAPITOLO TERZO - Assunzione di rischi e prestigio nell’ambiente dell’arrampicata
3.1 Rischio e prestigio
3.2 Il rischio nei discorsi tra climber
3.3 “Guadagnare punti” come climber
3.4 Il giusto equilibrio tra rischio e abilità
3.5 L’interiorizzazione dei valori nella cultura dell’arrampicata
3.6 Internet come moltiplicatore del riconoscimento pubblico – reale e immaginario
Box 5. Altruismo ed egoismo nella scalata alpina
3.7 Accettazione del rischio o ricerca deliberata del rischio?
CAPITOLO QUARTO - Aspetti psicodinamici
4.1 La compensazione psicologica
4.2 La brama di gloria
4.3 “Comportati da uomo”
4.4 Quasi uno scongiuro
CAPITOLO QUINTO - Valore della vita e valori personali
5.1 “Impara a dire di no al tuo istinto di sopravvivenza”
5.2 La cultura avversa al rischio
5.3 Compensazione o adattamento?
CAPITOLO SESTO
Quando lo sport estremo diventa “una droga”
6.1 Il brivido dell’avventura dà dipendenza
6.1.1 Salienza, immagine di sé, frequentazione selettiva e spesa discrezionale
6.1.2 Concentrazione/priorità
6.1.3 Modificazione dell’umore e ricompensa emotiva
6.1.4 Tolleranza
6.1.5 Sintomi di astinenza
Conclusioni
Appendice A. Domande di riflessione guidata sulla motivazione personale
Bibliografia
L’Autore
***
Prefazione di Pasquale Belotti
Prefazione
“Vi era però qualche dubbio se la felicità fosse vera quant’era estrema.”
Guido Piovene, Verità e menzogna, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1975, pag.87
Bello il titolo di quest’opera, no? Ma bellissimo - io trovo - il suo sottotitolo. Ti apre un mondo, prima che tu apra il libro. Bellissimo e suggestivo. La vita nelle mie mani. Che sarebbe, poi, La mia vita nelle mie mani. La più grande delle responsabilità, la più ardua delle imprese. Poiché saper disporre (e come disporre) della vita propria, ancora più forse che di quella degli altri, è davvero un’impresa. Ed un rischio, un rischio grande. Spesso gli uomini e le donne lo cercano quel rischio; e si avventurano in percorsi che hanno certa l’andata, ma non così certo il ritorno. Osare, anche l’inosabile osare. Sfidare la natura e le sue leggi. Posso farlo. Io posso farlo. Io.
I buoni prefatori diventano matti se entrano davvero nei libri che vengono loro proposti. Prima viene la scelta o il rigetto. Da fare, da non fare, da accettare, da lasciare perdere, declinare gentilmente, accettare ma con riserva; no, questo è da scegliere, fior da fiore scegliere. Poi viene la lettura e l’esame accurato dell’opera che ci ha affascinato e che sentiamo di aver fatto bene a scegliere, per coglierne le caratteristiche, che quel volume rendono – perché no? – unico ed esemplare. Mi spiego. Mi spiego proprio dalla veste che mi è stato cortesemente chiesto di assumere qui (e di cui sono lusingato), proprio quella di produrre una Prefazione di Psicologia degli sport estremi, di Gabriele Lo Iacono. Qui iniziano le mie riflessioni ad anche i miei … problemi. Questo libro è certamente anche il suo titolo, ma io trovo che sia molto molto di più. E voglio dirlo. E, mentre cerco di mettere ordine ai miei pensieri, osservo che si tratta di un testo complesso, proprio alla maniera che intenderebbe Edgar Morin, cioè fatto di mille fili, diversi, che non tutti ti aspetteresti, qualcuno imprevedibile ed “emergente”, provenienti da variegate prospettive e tessuti insieme mirabilmente, in modo che dal molteplice nasca l’uno. L’uno indivisibile, non più divisibile. Dunque (veda, valuti il Lettore se non sia proprio così) libro che fa riflettere, che pone domande, che suscita pensieri e fa vagare la mente. Vaghi, ma di che vai in cerca? Cerco, come sempre si fa nella vita, cerco l’uomo.
E, mentre cerco di mettere ordine ai miei pensieri, osservo che si tratta di un testo complesso, proprio alla maniera che intenderebbe Edgar Morin, cioè fatto di mille fili, diversi, che non tutti ti aspetteresti, qualcuno imprevedibile ed “emergente”, provenienti da variegate prospettive e tessuti insieme mirabilmente, in modo che dal molteplice nasca l’uno. L’uno indivisibile, non più divisibile. Dunque (veda, valuti il Lettore se non sia proprio così) libro che fa riflettere, che pone domande, che suscita pensieri e fa vagare la mente. Vaghi, ma di che vai in cerca? Cerco, come sempre si fa nella vita, cerco l’uomo.
La vita è, in fondo, sempre nelle nostre mani, perché ce ne prendiamo cura (di quella nostra e di quella degli altri) e la serbiamo e la custodiamo e la arricchiamo e facciamo prosperare come si può e si riesce. Come possiamo e riusciamo. Ma qui si prospetta anche un’altra visione, quella per cui, per molti umani oggi, sarebbe lecito farne – della propria vita – l’uso che più aggrada, più attira, maggiormente sfida. L’uso che contiene il rischio, anche estremo, del cimento che dovrebbe esaltarla e che invece la fa perdere. L’estremo, che non si conosce e che perciò attira ed anche esalta, pur nelle estreme – a volte – irrimediabili conseguenze. Superando l’istinto di sopravvivenza. Uso disumano che gli umani tendono a fare dell’essere in vita?
L’opera di Lo Iacono è opera di informazione accuratissima. Nulla egli tralascia del conosciuto e degli autori che hanno affrontato il rischio e le estreme possibili conseguenze dei comportamenti rischiosi ed estremi. Il panorama è molto interessante, nella sua varietà (le passioni, le motivazioni, la brama di gloria, il rischio ed il prestigio che si acquisisce osando, il brivido dell’avventura, forme diverse di ricompensa, per citare alcuni dei tantissimi capisaldi dell’opera), al punto da potersi considerare un punto fermo, ad oggi, di arrivo, della riflessione sullo sport estremo (e sulle mille, con un elenco che cresce di giorno in giorno, di rischio in rischio, di azzardo in azzardo, varianti del tentare di andare oltre).
E qui una nuova riflessione. Nel concetto di sport quanto estremo ci sia e se ve ne debba essere. Sport, il presente mostra quanta ignoranza vi sia di questo concetto poiché tutti vi discettano, la gran parte senza sapere nemmeno di cosa parlano e quale sia il reale senso delle loro affermazioni (lo spettacolo dello sport, il superamento dei limiti, la vittoria, l’importanza dell’apparire comunque, vincere è già solo nell’apparire e non nell’essere realmente e profondere il massimo impegno).
Lo sport è una realtà con tre anime irriducibili ad altro e perfettamente integrate tra loro: il movimento, principio ed essenza di vita che consente d’avvicinarsi ai propri limiti, sovente li supera ma – istintivamente – sempre restando umano e rifiutando l’estremo; poi il gioco, la cui nascita e la cui presenza nella vita di ciascuno Huizinga pose in un audace, mai tentato prima, addirittura estremo (per restare in tema) “prima della cultura” (proprio che “il gioco nasce prima della cultura” pose ad Incipit dell’opera che è superba per concezione e costruzione Homo Ludens): difficile da rinvenire, oggi, in atleti che fanno dello sport una professione e perciò cercano di avere la meglio, di vincere … in un lavoro che è super retribuito, con buona pace del dilettantismo de coubertiniano; l’agonismo, altra essenza dell’uomo, che lo spinge a tentare, ad osare, all’impegno totale. Totale uguale ad estremo, a volte, ed al rischio disumano del non ritorno ad imprese umane, quelle dove non si poteva fare di più e meglio senza rischiare la vita. L’estremo appartiene allo sport? Vi dovrebbe appartenere? “Ti dimostro che posso fare l’impossibile” è accettabile, è giustificabile? Il nostro Autore, il Lo Iacono artefice de La vita nelle mie mani, ne discetta e dà voce ad esperti di chiara fama, il meglio.
“Voglio una vita spericolata”, no? Osserva il nostro: “Una vita senza senso è insopportabile. Meglio allora una vita pericolosa.” E cita un Autore, a me caro per antiche letture, di quelle che ti porti dietro per sempre e che ti indicano cammini, spesso, ai bivi della vita e della professione: egli cita lo psicologo dei Lager per antonomasia, Viktor Frankl e osserva che per questo “quando si è interrogati dalla vita, si trova un senso nella propria, è possibile sopportare situazioni difficili tanto quanto la reclusione in un lager. Trovare un senso, quindi, permette di sopravvivere alla morte dello spirito. E per il performer estremo la morte dello spirito è forse un esito peggiore della morte del corpo.” “Tuttavia – continua Lo Iacono – Frankl riteneva che la consapevolezza di essere mortali e di sapere che la nostra vita ha un tempo finito e le nostre possibilità sono limitate costituisse di per sé un aspetto che dona significatività all’esistenza: se fossimo immortali potremmo rimandare qualsiasi cosa, perché su di noi non incomberebbe nessuna fine e nessun limite alle possibilità, e di conseguenza non vedremmo la necessità di compiere un’azione prima di una presunta “data di scadenza””.
Perciò, abbiamo con il presente anche un Libro (L grande, noti il Lettore, il quale sempre ha una L grande, da protagonista qual è dell’esito di un volume), un Libro – osservavo – che ci mancava, un libro di formazione: “Della filosofia della vita messa a repentaglio”. Libro che invita a cercare e, trovatele, ad ascoltare le risonanze emotive di ogni scelta cui siamo chiamati, a volte obbligati, a volte nolenti (e non volenti), da non impegnativa (ma quale scelta non lo è almeno un po’?) o molto impegnativa, o veramente “sfidante” o quasi estrema. Credo che, prima o poi, a ciascuno tocchi, per cui è bene giungervi avendoci pensato su, meditato almeno un po’, provato ad immaginare il caso che, essersi financo messi nei panni di …
Pasquale Bellotti
Il 14 di agosto del 2024